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(Passaggio tratto dal Blog di Renato Nicassio)
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Perché Milano? Beh, perché Torino è bellissima ma la sera mi scioglie il cuore, Bologna sembra che nessuno c’ha mai un cazzo da fare, Roma non cambia nulla perché si sta sempre insieme a campani, calabresi e pugliesi. A Milano è diverso. Milano, secondo una splendida definizione di un amico trapiantato là, è la città dove accadono le cose. E infatti gli amici che se ne vanno a Milano vedono le cose. Vedono spettacoli, vedono concerti, vedono film, vedono vips, vedono calciatori, vedono figa, vedono la metro, vedono automobili superlusso. Spesso non vedono il sole ma, alla fine, se stai a Milano, e ci stai veramente, non c’hai tempo di vedere il cielo e non te ne accorgi nemmeno. 

Gli amici che se ne vanno a Milano possono essere nostalgici compulsivi o camaleonti professionisti.

I nostalgici compulsivi stanno sempre a lamentarsi della nebbia, del freddo, dei prezzi alti, delle persone che sulle scale mobili ti superano a sinistra. Nei loro ritagli di tempo libero si buttano su Facebook a scrivere stati strappalacrime sulla pasta orribile che sono stati costretti a scongelarsi per cena, a postare foto in cui si vedono ombrelli e cappotti che il woolrich a confronto sembra uno spolverino e a mettere mi piace e commenti drammatici sulle foto della loro terra terronia natia ().

I camaleonti professionisti nove volte su dieci sono studenti universitari, spesso Bocconiani. Non hanno l’angoscia dello stage a possibile fine di inserimento e quindi, diciamocelo chiaramente, se la possono ancora godere. Loro, terroni di nascita, vivono la Milano da Bere trent’anni dopo la Milano da Bere. I più radical-alternativi se la fanno alle Colonne, sorta di Chiringuito milanese. I più liberal-fighetti girano per bar e locali, per disco e club, per festini e feste private. Vengono taggati in foto di serate che, a chi le vede da sud, viene da domandarsi cazzo è andato a fare a Milano se poi la domenica mattina sembra che la sera prima sia stato al Demodé o al Divinae?.

Gli amici che se ne vanno a Milano – non importa se studenti, lavoratori o stagisti – sono i diretti responsabili di una delle più fastidiose piaghe del nostro tempo: l’iperinflazione della foto del Duomo.
A loro che se ne sono andati e a quelli che se ne andranno voglio dire col cuore: abbiamo capito come cazzo è fatto ‘sto cazzo di Duomo di Milano. E aggiungo: lo abbiamo visto con ogni condizione atmosferica.
Quindi risparmiateci la foto del Duomo con il sole e la scritta anche a Milano a volte c’è il sole, tenetevi per voi la foto del Duomo con il cielo nuvoloso e la scritta ironica sembra il cielo di Bari, conservate per i  vostri nipoti la foto del Duomo con la pioggia e la scritta giro in centro nonostante il diluvio. Noi, per ricambiare, la smetteremo con ‘ste cazzo di foto del Lungomare di Bari.

Ma le foto servono, direte. Le foto, si dice, accorciano le distanze. Ma tra Ryanair, Easyjet, Alitalia e Trenitalia, non si può dire che Bari e Milano non siano ben collegate. E quindi come è facile andarsene, è facile anche tornarsene. E infatti l’emigrato torna spesso, organizza una cena con gli amici del posto, quelli d’infanzia, e quando arriva il conto si commuove fino alle lacrime nell’apprendere che ha speso solo 6 euro per un panino e bevanda. Voi non fateci caso, è normale. 
 
Piuttosto controllate che non abbia contratto il morbo della determinazione nominale. Prestate attenzione ai suoi discorsi e alle sue domande. E se gli scappa una frase del tipo ma LA Caterina che fine ha fatto poi? o Ieri ho incontrato LA Silvia, picchiatelo senza pietà e dategli fuoco per impedire il rischio contagio. Se lo merita.

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